MOSCA. Il Baltico sempre più a destra. Anzi: sempre più filonazista.
In Lettonia erano stati i reduci delle "Ss" a marciare per le strade
di Riga con l'appoggio del nuovo governo. Ora è la volta dell'Estonia
che annuncia la costruzione di alcuni monumenti in onore delle "Ss"
e anticipa l'idea di organizzare un raduno internazionale di tutti gli ex delle
"Ss". E non c'è solo questo. Perché anche l'Estonia
segue la stessa strada: il governo di Tallin - cogliendo l'occasione di questo
processo generale di revisione storica e di riabilitazione dei maggiori criminali
di guerra - concede le più alte onorificenze statali a coloro che, durante
la seconda guerra mondiale, si unirono nella "Ventesima divisione delle
SS" per lottare, a fianco dei nazisti, contro l'Armata Sovietica. E mentre
si sviluppa questa ondata di fascismo si arriva anche a decretare come "giornata
di lutto nazionale" la ricorrenza della liberazione del Baltico. A Tallin, intanto, giungono delegazioni di nazisti dal Belgio e dall'Olanda.
E da Mosca parte la protesta del ministero degli Esteri con una precisa sollecitazione
nei confronti dell'Unione Europea: Estonia e Lettonia - dicono i diplomatici
russi - sono paesi che fanno parte dell'Ue. E' giunto il momento di prendere
misure serie ed immediate. Ma la Lettonia (dove alla metà degli anni
'80 i fermenti nazionalisti e anticomunisti portarono alla proclamazione dell'indipendenza
del 1990) risponde con una incredibile azione contro la popolazione locale di
lingua russa.
Viene proibita la registrazione ufficiale di nomi russi nei documenti. Si sollecitano
i cambi di nomi. E una signora intervistata dalla tv di Mosca in un servizio
da Riga dice: "Sono russa, abito qui dal tempo della guerra. Mi chiamo
Julia. Ma ora dovrò cambiare nome se vorrò avere i miei diritti.
Il nome equivalente sarà Giuliege...". Tutto questo avviene perchè
c'è un forte incentivo al cambiamento in favore della lingua lettone.
Non solo, ma attualmente, per ottenere la cittadinanza, è necessario
superare un esame di lingua e cultura lettone. E non è un problema secondario
se si pensa che, dopo l'indipendenza, quasi un quarto della popolazione non
ha la cittadinanza (22,8%). Si tratta soprattutto di russofoni a cui
non è stato riconosciuto questo diritto, benché residenti da molto
tempo o addirittura nati nel paese baltico.
Si annunciano, in segno di protesta, nuove e forti manifestazioni da parte della minoranza russa che vive in Lettonia e che, comunque, si sente partecipe della vita di questa nazione. Ma la situazione peggiora di giorno in giorno. C'è in gestazione, ad esempio, anche una riforma scolastica finalizzata a diminuire fortemente l'uso della lingua russa nelle scuole, nel quadro di un progetto di derussificazione ormai già avanzato. Intanto - riferendosi ai russi - si continua a parlare di "persone di lingua russa", di "gente che parla russo", o di "sradicati". Termini usati in modo spregiativo senza che ci si interroghi sulla realtà socio-politica. Si pone solo l'accento sull'opposizione tra lettoni e russi lasciando nell'ombra i problemi di integrazione interni. Ecco perchè in tutta l'area del Baltico si registra sempre più un processo di umiliazione e di ostracismo nei confronti della minoranza russa. Ed è il meccanismo più triviale per arginare l'assimilazione.
Ed à ovvio che Mosca segua con sempre maggiore allarme questo spettro che si aggira per l'Europa dopo la caduta dell'Unione Sovietica: sono 25 milioni, infatti, i russi che vivono in stati ormai sovrani. Stanno perdendo, a poco a poco, quei diritti che avevano nei tempi dell'Urss quando il paese era uno stato unitario. Ora "questi" russi sono considerati cittadini di secondo grado. E il Baltico si trova ad essere il campione di una xenofobia elevata a politica statale. Non si scorgono all'orizzonte visioni liberali nel campo dei rapporti sociali.